Deduzione e detrazione sono termini simili e spesso usati erroneamente
come sinonimi, ma hanno in realtà significati ben diversi. Proprio per questo è importante conoscere la differenza, soprattutto quando si parla di imposizione fiscale.
Oggi raccontiamo la storia di Tommaso che, grazie alla conoscenza di questi due strumenti, e della loro differenza, è riuscito a guadagnare 14.775 in più l’anno.
Deduzioni e detrazioni: sai realmente cosa sono?
Deduzione e detrazione sono termini simili e spesso usati erroneamente
come sinonimi, ma hanno in realtà significati ben diversi.
Dedurre fiscalmente un costo vuol dire utilizzare quel costo nella determinazione del reddito imponibile su cui verranno calcolati i tributi. Quindi, se il mio ricavo è 100 e ho un costo deducibile di 40, il reddito su cui andrò a calcolare le imposte sarà 100 – 40 = 60.
Detrarre fiscalmente vuol dire utilizzare una certa cifra nella determinazione delle imposte da pagare. Quindi, se devo pagare 30 di imposte ma ho una detrazione fiscale di 10, pagherò solo 20.
In generale, possiamo dire che si parla di deduzione quando trattiamo costi e spese inerenti l’attività, mentre parliamo di detrazione quando ci occupiamo di calcolo delle imposte da versare o determinare (Iva, Irpef, ecc.)
35.662 euro: prima del nostro check-fiscale
Detto ciò, andiamo ora a vedere come Tommaso, agente immobiliare piemontese di trentasette anni, assieme alla moglie che saltuariamente lo aiutava con la contabilità della sua agenzia, è riuscito a risparmiare ed abbattere le tasse grazie all’utilizzo corretto di questi due strumenti: deduzione e detrazione.
La sua azienda aveva un volume di fatturato non elevato: i ricavi si aggiravano intorno ai centomila euro l’anno. Di per sé non era un problema. Solo che i costi inerenti ne coprivano circa un quarto, di conseguenza abbassare l’imponibile fiscale era impossibile (anche a causa della forma giuridica sbagliata).
Per chi non lo sapesse i costi inerenti sono tutti quei costi che appartengono alla sfera dell’impresa, in quanto sostenuti con l’intento di conseguire un ricavo o un’utilità per l’azienda stessa, anche in modo indiretto e dilazionato nel tempo.
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Attenzione: quando diciamo che il costo deve essere inerente, non intendiamo che debba essere riconducibile a una specifica voce di ricavo. Più in generale è sufficiente sia dimostrabile che quel costo è sostenuto per svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili.
Ritornando a Tommaso, ciò non significa che non avesse costi. Anzi ci sarebbero, solo che la forma giuridica utilizzata non glielo permetteva. Partendo da questi numeri, le imposte corrisposte da Tommaso allo Stato nell’anno precedente al check-up fiscale di Soluzione Tasse avevano raggiunto i 35.662 euro.
Anche lui gestiva la propria attività come ditta individuale.
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Così, ad esempio, nonostante usasse l’automobile quasi unicamente per fini lavorativi, spostandosi ogni giorno al di fuori del proprio comune, aveva diritto a dedursi solamente il 20% del costo e detrarsi solo il 40% dell’Iva.
I problemi non finiscono qua…
Ma la forma della ditta individuale causava a Tommaso un altro problema: nonostante si recasse ogni giorno fuori dal comune di residenza della sua azienda, non aveva diritto ad alcun rimborso forfettario per le spese sostenute.
La soluzione proposta dal nostro Pool di Commercialisti fu quella di costituire una Srl
con la moglie, nella quale lei avrebbe apportato i capitali necessari a svolgere al meglio l’attività mentre Tommaso avrebbe conferito l’attività stessa di agente immobiliare.
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Con questa nuova impostazione giuridica, Tommaso divenne amministratore unico della società e sfruttò la normativa vigente in fatto di indennità forfettarie e rimborsi chilometrici per vedersi riconosciuto un contributo esentasse.
Allo stesso tempo deducibile per l’azienda, per tutte le volte in cui doveva recarsi fuori dal comune dove aveva sede la Srl.
Perché devi sapere che, gli amministratori di un’azienda, oltre al cedolino paga per l’attività che svolgono, possono ricevere un rimborso chilometrico calcolato in base al numero di chilometri percorsi fuori dal comune dove ha sede l’azienda e in base alla tipologia di veicolo, così come riportato dalle tabelle Aci.
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A questo si aggiunge anche l’indennità di trasferta.
Uno strumento che pochissimi sfruttano, cui hanno diritto anche gli amministratori e da aggiungersi al rimborso dei costi sostenuti per tutte le trasferte eseguite fuori dal comune dove ha sede l’azienda.
Questa indennità forfettaria sostituisce o completa il rimborso di cui sopra. Per ogni giorno che l’amministratore si reca fuori dal comune dove ha sede della società ha diritto a 46,48 euro al giorno in caso di trasferta nazionale e 77,47 euro al giorno in caso di trasferta internazionale.
Dal 47,54% al 27,84% di tasse in meno
Per completare il quadro della nuova società di Tommaso, grazie al fatto che la moglie era solo socia di capitali, gli utili della Srl a lei distribuiti non erano soggetti a imposizione previdenziale Inps, con un ulteriore risparmio di circa 3700 euro all’anno.
Complessivamente, grazie a questa strategia, Tommaso ottenne una sensibile riduzione del carico fiscale, che passò dal 47,54% al 27,84%, risparmiando ogni anno la bellezza di 14.775 euro.
Alla luce di tutto ciò, quanti immobili avrebbe dovuto Tommaso per avere in tasca 14.775 euro netti in più, ogni anno?
Sicuramente molti! E forse non sarebbero nemmeno bastati.
Vedi, per avere più soldi in tasca, molto spesso non serve vendere di più: il 60% verrebbe sempre bruciato in tasse. La soluzione è saper utilizzare le giuste strategie, fiscalmente inattaccabili. Proprio come ha fatto Tommaso.
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