Introdotta dalle Legge n. 3 del 27 dicembre 2012, poi successivamente modificata, la disciplina sul sovraindebitamento è rivolta a tutti quei soggetti i quali non possono essere assoggettati alla disciplina del fallimento.
L’obiettivo della legge è quello di risolvere lo stato di crisi che si può creare tra creditore e debitore. Pertanto, attraverso le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento ed il piano del consumatore, viene dato fine ad uno stato di forte indebitamento, cui i professionisti o le famiglie possono essere colpite.
Per sovraindebitamento, ai sensi dell’articolo 6 lettera a) della Legge n. 3 del 27 dicembre 2012, “si intende una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.”
Chi è ammesso alla composizione della crisi da sovraindebitamento
Ad accedere alla composizione della crisi di sovraindebitamento sono i soggetti che, per legge, non possono essere sottoposti alla disciplina del fallimento come, ad esempio, il consumatore. Per consumatore si intende il debitore che, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, ha assunto obbligazioni (articolo 6 lettera b) della Legge n. 3 del 27 dicembre 2012).
Pertanto, possono accedere alla composizione della crisi da sovraindebitamento tutti quei soggetti che non possono essere sottoposti alla disciplina del fallimento.
Proposta di accordo
Stando alle disposizioni dell’articolo 7, quando il debitore si trova in uno stato di crisi cronica, può proporre, attraverso l’aiuto degli organismi di composizione della crisi, ai creditori, un accordo di ristrutturazione dei debiti che possa soddisfare i creditori che, sulla base di un piano, viene assicurato il pagamento dei titolari di crediti impignorabili, stabilendo scadenze e modalità di pagamento.
Mediante la proposta di accordo, stando alle disposizioni dell’articolo 8 della predetta legge, viene prevista la ristrutturazione dei debiti, anche attraverso la cessione di quei crediti futuri. Qualora i beni del debitore non sono sufficienti a soddisfare i creditori, quindi garantire la fattibilità del piano, “la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l’attuabilità.”
Tale proposta deve contenere, inoltre, qualora vi sussistono, limitazioni per quanto riguarda l’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici a credito e per quanto concerne anche l’accesso al mercato del credito al consumo.
Non è ammessa la proposta quando:
- il debitore è assoggettato a procedure concorsuali;
- negli ultimi 5 anni abbia usufruito di un’altra esdebitazione;
- un accordo di esdebitazione precedente abbia avuto esito negativo.
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Piano del consumatore
Il consumatore in stato di crisi cronica, alternativamente alla proposta, può proporre il piano del consumatore, il quale richiede solo una valutazione della sua fattibilità, fatta direttamente dal giudice. Viene ritenuto fattibile quando il debitore dimostri di meritare e quando non ha compiuto atti volti a ledere e frodare i creditori.
Il piano, secondo l’articolo 9 comma 3bis deve contenere al suo interno, in ordine:
- l’indicazione delle cause dell’indebitamento e la volontà del consumatore nell’assumersi volontariamente le obbligazioni;
- le indicazioni delle ragioni che hanno portato all’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
- il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;
- la valutazione sia sulla documentazione depositata che sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
Quando il piano viene ritenuto fattibile, il giudice provvederà all’omologazione.
Come procedere per ottenere l’esdebitazione
Il consumatore deposita la proposta di piano presso il tribunale territorialmente competente e cioè dove lui risulta essere residente. Alla proposta e al piano devono essere allegati l’elenco di tutti i creditori, indicando le somme dovute, tutti i beni appartenenti al debitore, eventuali atti compiuti negli ultimi 5 anni e dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3. A questi si aggiunge poi l’attestazione della fattibilità del piano, “nonché l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia” (articolo 9 della predetta legge).
Il giudice, nei termini di 15 giorni può chiedere che la proposta venga integrata o provvedere all’allegazione di altri documenti.
Dopo aver depositato la proposta o il piano, il giudice è tenuto a valutarne la fattibilità, fissando l’udienza entro 60 giorni dal deposito ai sensi dell’articolo 10. Tale decreto deve essere comunicato poi ai creditori che, entro 30 giorni, devono dare il proprio assenso o dissenso.
Entro 10 giorni prima dell’udienza i creditori hanno il dovere di comunicare l’assenso o il dissenso all’accordo. Si ha l’assenso all’accordo qualora il 60% dei creditori abbia dato parere positivo. Per quanto concerne i creditori privilegiati o garantiti hanno il dovere di dare il proprio consenso solo se rispettate determinate condizioni.
A raggiungimento dell’accordo viene inviato ai creditori, da parte dell’organismo di composizione della crisi, una relazione sull’accordo che potranno contestarla nel termine previsto di 10 giorni.
Accertate le contestazioni e risolte, si procede all’omologazione dell’accordo e alla sua pubblicità, da parte del giudice. Qualora l’accordo non viene ritenuto conveniente da determinati creditori, questi saranno soddisfatti nella stessa misura prevista, nel caso in cui si fosse optato per la liquidazione del patrimonio.
Da tenere in considerazione che, non devono passare più di 6 mesi, tra proposta e omologazione.
Nel momento in cui l’accordo è omologato diviene obbligatorio nei confronti di tutti i creditori precedenti alla data di omologazione, quindi i creditori successivi a tale data non possono assolutamente operare sui beni che sono già stati oggetti dell’accordo. Sarà compito dell’organismo garantire la buona esecuzione del piano.
Se previsto dal piano, il giudice può nominare un liquidatore.
Revoca dell’accordo
Come ogni accordo, anche questo può essere revocato. La revoca può avvenire d’ufficio, quando il debitore abbia compiuto atti di frode o non sia in grado di pagare il fisco entro 90 giorni; oppure può essere richiesta dal creditore quando il passivo del debitore sia stato aumentato o diminuito grazie a raggiri o una parte dell’attivo risulti essere sottratta.