Quante tasse pagare? Quali sono gli obblighi dichiarativi e fiscali se investo in cripto? Ma soprattutto con quali criteri devo pagare le tasse? Queste sono alcune delle domande che molti investitori si pongono nel momento in cui effettuano il loro primo investimento in criptovalute.
Nonostante i vari interpelli dell’Agenzia delle Entrate, riguardo la tassazione delle criptovalute in Italia, non vi è una normativa chiara, tant’è che le lacune rimangono ancora tali. Facciamo il punto su come stanno le cose attualmente.
Tassazione criptovalute: quali sono gli obblighi fiscali?
Negli ultimi anni l’utilizzo delle criptovalute per investimenti è cresciuto fortemente tanto da mettere il Fisco sull’attenti. Una scelta forse non solo dettata per dare la parola fine alle numerose lacune sulla tassazione delle criptovalute in Italia ma anche per incrementare le entrate stravolte dalla pandemia.
In Italia, la normativa fiscale delle criptovalute presenta molte distorsioni. Non è presente una legge che tuteli e disciplina, in maniera univoca, la tassazione delle criptovalute. Infatti, almeno fino ad oggi, la fiscalità delle cripto è stata affidata fondamentalmente agli interpelli dell’Agenzia delle Entrate. A seguire, anche ad alcune sentenze.
Risultato? Tante interpretazioni e poca concretezza per stabilire dettagliatamente quanto e come devono essere tassate le criptovalute.
Ma andiamo per gradi.
Stando ad alcune risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate, le criptovalute possono essere considerate alla stregua degli investimenti in valuta estera con corso legale da indicare nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Non viene stabilita una soglia minima di criptovaluta da indicare nel Quadro RW. Questa mancanza cosa comporta? Se possiedi cripto anche di poco valore sei tenuto ad indicarle nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Insomma, anche il piccolo investitore ha l’obbligo di dichiarle al Fisco. Con un unico rischio: non sapere se sta agendo bene oppure no, quindi sempre con il rischio di esporsi ad irregolarità fiscali.
Una disposizione molto criticata, perché costringe anche i piccoli investitori, che investono pochi spiccioli, ad obblighi fiscali come i grandi “giocatori”.
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Plusvalenze e cripto: come vengono tassate?
All’obbligo di dichiarazione si affianca anche quello dell’imposizione fiscale. Attualmente, però, non esiste una norma che definisce chiaramente cosa siano le criptovalute. Pertanto, risulta difficile identificare i criteri da seguire riguardo la tassazione delle eventuali plusvalenze.
Qualcuno suggerisce di seguire le indicazioni date dall’Agenzia delle Entrate a seguito di un interpello del 2016, in cui, con la risoluzione n.72/E, accosta esplicitamente le criptovalute alle valute estere.
Secondo la Risposta 788 del 24.11.2021: «ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali».
Ad esempio, se vendi criptovalute, sei soggetto ad imposizione fiscale. Ma questo non per tutti. Infatti, ma solo se, nell’anno di riferimento hai detenuto criptovalute per un controvalore di almeno 51.645,69 di euro per un periodo di 7 giorni continuativi. Considerando, ovviamente, il rispettivo valore al primo gennaio dell’anno di riferimento.
Superata questa soglia, l’attività del privato diventa speculativa e quindi soggetta ad imposte sulle eventuali plusvalenze.
Plusvalenza criptovalute: che redditi sono?
Fiscalmente, la disciplina da applicare è quella stabilita dagli articoli 67 e 68 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito). Quindi, assimilando le cripto alle valute estere, e sulla base dell’art 67 c.1-ter, la tassazione per ogni guadagno prodotto dalla compravendita delle criptovalute è pari al 26%.
Per quanto riguarda il valore delle criptovalute detenute, sia per la tassazione che per la dichiarazione, occorre stabilirlo in euro. Il valore in euro dipende dal cambio indicato dalla piattaforma dove questi investimenti in cripto sono stati effettuati.
La plusvalenza risulta rilevante al momento della vendita secondo il criterio LIFO: l’ultima entrata dovrebbe corrispondere alla moneta uscita per prima.
Non è tutto, perché non viene tassata solo la conversione di criptovaluta in euro ma anche la cessione di beni e servizi pagati in cripto. È bene sottolineare che, per cessione tassabile viene considerato anche il pagamento di beni o servizi (esempio acquisto carburante con cripto).
Un emendamento, tra l’altro, che dovrebbe porre fine alla tassazione delle cripto in Italia è stato ritirato. Questo emendamento doveva identificare le criptovalute alla stregua dell’oro, quindi stessa tassazione. Verrà ripreso in considerazione? Cambierà qualcosa in futuro e dirà la parola fine sulla tassazione delle criptovalute? Tutto è ancora incerto.
Cripto e imprese: come funziona la tassazione?
Per le imprese la situazione non cambia, perché le lacune sono tante.
Le cripto, secondo l’Agenzia delle Entrate, vanno considerate alla stregua di valute estere. Tutte le operazioni effettuate (esattamente come si fa per quelle che avvengono in altre valute Euro, Dollaro, o altre) saranno dichiarate in contabilità (qualsiasi criptovaluta si utilizzi). Dal punto di vista fiscale usare cripto è esattamente come usare Euro o Dollari.
Secondo l’interpretazione dell’IFRS (Principi Contabili Internazionali) è necessario, tra l’altro, distinguere la finalità per cui si detengono cripto per una corretta gestione fiscale.
Una disciplina fiscale a dir poco lacunosa. Anche se l’Agenzia delle Entrate si è fatta avanti per ottimizzare le gestione della tassazione delle criptovalute, a suon di interpelli vari, non è mai intervenuta per regolamentare, dettagliatamente ed uniformemente, la tassazione delle cripto in Italia chiara.
Insomma, una disciplina fiscale che lascia molti dubbi. Per cui, se hai incassato o pagato in crypto (o vuoi cominciare a farlo) come azienda o come privato, devi comprendere al meglio gli obblighi dichiarativi e fiscali legati alle transazioni di monete virtuali in Italia per evitare di esporsi a numerosi rischi di natura tributaria.
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